È recente la notizia secondo la quale la Giunta regionale ligure ha approvato, subito dopo Natale, una delibera di indirizzo, funzionale alla parziale privatizzazione dell’Ospedale Nostra Signora di Montallegro a Rapallo.
Insomma, un Babbo Natale, in ritardo, che porta sotto l’albero un dono non proprio gradito.
La costruzione della struttura ospedaliera venne sancita nel 2001 con la sottoscrizione di un accordo di programma tra Regione Liguria, Provincia di Genova, Comuni di Rapallo, Zoagli, Portofino e ASL 4 Chiavarese.
I lavori durarono dal 2004 al 2010, per un costo di 44 milioni di euro dei quali 40 a carico di Regione e Stato e 4 a carico dei comuni coinvolti. L’Ospedale venne inaugurato nel Dicembre 2010 e nel 2011 vennero organizzati i primi reparti, 120 i posti letto totali, sviluppati sul primo e secondo piano oltre al piano terra ed a quello interrato con funzioni di servizio, tecniche e logistiche.
Oggi accoglie un primo intervento, medicina generale, un blocco operatorio, ortopedia, oculistica, radiologia, riabilitazione cardiologica. Una parte pare essere vuota o sottoutilizzata: da qui, la scelta della parziale privatizzazione.
La politica regionale, non è mai stata in grado di garantire un pieno utilizzo del nuovo Ospedale e l’iniziativa intrapresa qualche giorno fa ne rappresenta una conferma. Una incapacità di chi ha voluto l’Ospedale, di chi lo ha costruito, di chi lo ha gestito, di chi vede ora scenari non convenienti per il suo mantenimento? Il soggetto in causa è sempre la politica, che ne ha quindi tutte le responsabilità.
Un Ospedale nato per rispondere alle esigenze del pubblico ricadente nell’ambito del bacino d’utenza della ASL 4, per coltivare l’eccellenza dei reparti di ortopedia ed oculistica, per ottimizzare o chiudere altre strutture ospedaliere limitrofe ma obsolete, corre ora il forte rischio di non essere all’altezza di una valida risposta agli utenti. Quale è la parte di ospedale, secondo l’attuale Giunta regionale, che sarà oggetto di gara? Si parla di una superficie di poco più di 4.000 mq, di 53 posti letto e di cardiologia come specialità desiderata.
Le perplessità però sono forti.
Infatti la dimensione di una struttura come quella dell’Ospedale di Rapallo, potrebbe non essere tale da garantire l’equilibrio finanziario e gestionale di due soggetti distinti, ossia Regione e Privato, che si trovano ad operare in Condominio. Inoltre, l’aggiudicazione di porzione dell’Ospedale da parte di un eventuale altro soggetto diverso da quello già ora operante in modo eccellente sul territorio, in ambito cardiologico, potrebbe costituire un poco comprensibile doppione.
Sarebbe più conveniente potenziare quanto di valido vi è all’interno dell’Ospedale e cioè Ortopedia e Oculistica, oppure premiare urbanisticamente la struttura privata già in essere localmente, consentendo alla stessa un ampliamento volumetrico con intero capitale privato.
Le contingenti difficoltà logistiche della convivenza pubblico/privato e la potenziale conferma dell’inesistenza di numeri sufficienti per far quadrare un piano finanziario dei soggetti coinvolti, concretizzano il rischio di una futura totale privatizzazione dell’Ospedale: pratica questa, tra l’altro, quasi conclusa per le strutture pubbliche di Albenga e Cairo, con le recenti definizioni delle relative gare di assegnazione.
Vuole trasferirsi l’idea che “privato è meglio”, ma penso non sia giusto nel caso in esame.
Sono molte le iniziative private nel campo delle prestazioni mediche, della ricerca e delle infrastrutture con operazioni di partenariato pubblico privato, che hanno portato e portano beneficio alla collettività a cui l’Ente Pubblico non avrebbe potuto dare risposte per mancanza di fondi.
Interventi realizzati con investimenti di capitale e che prevedono un rischio d’impresa. Una scelta a monte, dichiarata, voluta, con la consapevolezza di tutti i soggetti; non un parziale rimedio in corsa come pare essere quello previsto per l’Ospedale N.S. di Montallegro per sanare errori di visione politica.
Vuole diffondersi il convincimento che privatizzare possa evitare le fughe di pazienti oltre Regione con impoverimento delle casse regionali per oltre 60 milioni di euro ogni anno.
Ma non fa nessuna differenza pagare un privato che eroga un servizio fuori Regione o all’interno della stessa mettendogli a disposizione, tra l’altro, un bellissimo contenitore, pagato con soldi pubblici, collaudato, ricco di servizi e potenzialità. Una gestione privata in loco genera infatti comunque un esborso per retribuire le prestazioni fornite.
Certo, si potranno alleviare i disagi dei pazienti che non dovranno andare fuori Regione, ma i costi dei servizi dovranno essere sempre sostenuti e corrisposti al prestatore. Nessun risparmio quindi ed anzi, verosimilmente il canone di locazione corrisposto dal soggetto privato non sarà sufficiente a retribuire le prestazioni fornite dallo stesso.
I fondamenti di economia che mi sono stati impartiti nella mia formazione universitaria di architetto, mi hanno convinto che per creare sviluppo, per uscire da una crisi, occorra procedere con degli investimenti.
Allora perché non possono esserci disponibilità di nuovo denaro pubblico, un rilancio, un acquisto di nuovi macchinari, un riequilibrio delle specialità con i vicini Ospedali di Lavagna e Sestri Levante, un piano di assunzioni facilitato anche dalle migrazioni pensionistiche dovute al meccanismo di “quota 100”, estremizzando … anche un ampliamento dell’attuale struttura ospedaliera, per essere competitor dell’operatore privato e divenire quindi “eccellente soggetto attrattore” di utenti, anche da altre Regioni?
Proprio recentemente, agli antipodi della scelta decisa per l’Ospedale di Rapallo, a Sestri Levante si è inaugurato un nuovo reparto a conduzione infermieristica che, con 16 posti letto, garantirà ai pazienti assistenza nel periodo in cui non sono più ricoverati in reparti acuti o in medicina generale, ma non sono ancora pronti a tornare a casa avendo ancora bisogno di terapie specifiche.
Allora è possibile investire sull’assistenza pubblica. I costi così potrebbero essere contenuti, non ci sarebbero fughe oltre confine, non ci sarebbero interminabili tempi di attesa, sarebbe garantita la qualità del servizio senza creare discriminazioni sociali e di reddito, sarebbero rispettati i sacrifici di spesa di quei 44 milioni di euro della collettività utilizzati per la costruzione del N.S di Montallegro e di cessione d’area pubblica sulla quale si sarebbero potuti costruire, in alternativa, poli artigianali, un Palazzetto dello Sport, un Centro Congressi o altro.
Insomma il modo migliore, quello di un ulteriore investimento pubblico, per poter celebrare, nel modo più diretto e nobile possibile, il rispetto del contenuto dell’Articolo 32 della nostra Costituzione secondo il quale “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti“