La maldestra vicenda che ha coinvolto Antonio Scurati ha avuto il merito di dare grande risalto al testo che l’autore non ha potuto leggere in televisione.
Di questo testo c’è un passaggio, quello finale, che ci ha fatto riflettere e pensare.
“… siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.”
Scurati lamenta il silenzio su quella parola, antifascista, che il presidente del Consiglio non intende pronunciare. Ma se penso al 25 Aprile rapallese, quel silenzio dura da decenni. E non solo su quella parola.
Ad ogni commemorazione che viene svolta regolarmente, mai ho personalmente udito – con una sola eccezione in trent’anni, se la memoria non si è distratta – alcuna parola vibrata dalle più alte cariche cittadine per ricordare la Liberazione. Le parole sono lasciate all’oratore di turno. Quelle parole istituzionali mancano. Di più. L’unico gesto che viene iterato è la deposizione «in forma privata » sulla lapide ai caduti della Repubblica Sociale “perché i morti sono tutti uguali”. Tralasciando però che non sono uguali le vicende, e le parti degli aguzzini e delle vittime, in fondo è la Storia che “dà torto e dà ragione“. Gesti e silenzi che pesano e che, necessariamente, diventano in significato.
Non c’è intendimento polemico in questo scritto, faremmo un cattivo servizio al significato unitario intrinseco al 25 Aprile. C’è, profonda, la necessità di sentir tirare una linea diritta con la Storia. C’è la necessità di udire dalle Istituzioni cittadine poche parole, chiare, semplici, limpide, inequivocabili, sgombre da qualsiasi retrogusto di convenienza politica e disadorne di pomposa retorica. E ce n’è bisogno oggi, proprio oggi, dove tutto si fa grigio e i contorni tremanti. Perché Liberazione non è libertà, la Liberazione è qualcosa che contiene la libertà, Liberazione è la conquista della nostra peculiare libertà, che si trasforma in identità prima e Repubblica e Costituzione poi e che trasuda del sangue dei patrioti (da sinistra a destra passando per il mondo cattolico) che per ottenerla hanno dimenticato se stessi fin oltre l’estremo limite.