Si è spento qualche giorno fa a Rapallo Pietro Cardinale. Altri ne hanno ricordato la figura, il suo rapporto con i luoghi e le persone. Noi invece qua vogliamo ricordare la sua passione e il suo impegno civile, la sua appartenenza al mondo delle minoranze intransigenti, nella cultura e nella politica in senso ampio.
Aveva una grande passione per la musica, la buona musica classica, e particolarmente per Bach, mentre per la musica commerciale aveva solo disprezzo. Forse aveva ereditato la passione dal suo padrino, il Prof. Pietro Berri. Berri era il direttore dell’ospedale dove Pietro nacque, fu il primo nato nel nuovo reparto di maternità, e per questo gli fece da padrino. La passione del professore per la buona musica è nota a Rapallo.
Trasmise questa passione al figlio Andrea, che è un apprezzato violinista. Con lui nel 1985 fece un viaggio in Turingia, nell’allora Repubblica Democratica Tedesca, nei luoghi dove Bach era nato ed era vissuto.
Pietro, nonostante il pesante handicap con la quale si era dovuto confrontare molto presto, la perdita del padre a soli sette anni per il bombardamento del 1944, aveva studiato. In non più verde età, quando lavorava ed aveva una famiglia, aveva frequentato la facoltà di filosofia e si era laureato. Frequentare la facoltà di lettere e filosofia a Genova negli anni settanta era entrare in un mondo particolare. L’atrio della facoltà, all’inizio di via Balbi, era più simile a un centro sociale che a una università, con striscioni inneggianti alla rivoluzione proletaria, banchetti di studenti che distribuivano materiale inneggiante ai movimenti dell’ultrasinistra e alla Cina. Erano gli anni della contestazione, diventati presto anni del terrorismo (anche se ricordiamo, e lo ricordano gli storici, che il terrorismo iniziò con lo stragismo di destra, per arrivare poi alle Brigate Rosse). Nella facoltà di lettere genovese c’erano alcuni docenti, ora lo possiamo leggere in un libro appena uscito dello storico Sergio Luzzatto, che furono all’origine delle Brigate Rosse. Uno di questi era Gianfranco Faina, che insegnava storia dei partiti politici. Di Faina erano conosciuti gli esami di gruppo, e le sue idee di sinistra estrema.
Anni dopo, Pietro mi raccontò il suo incontro con il professore. Ricordo ancora il luogo e l’occasione. Era la primavera del 1990, eravamo nella sala d’attesa del notaio Bancalari in piazza delle Nazioni, aspettavamo di firmare l’accettazione della candidatura nelle liste repubblicane nelle elezioni comunali. Pietro mi raccontò che in un seminario ebbe occasione di menzionare che era un tecnico della SIP (in seguito Telecom). Faina gli chiese se poteva fare uno schema dell’operatività delle centrali. Pietro capì subito dove il professore voleva arrivare (in Italia c’erano già stati attentati alle centrali) e se ne guardò bene. Pensa un po’, aggiunse, se gli facevo lo schema e poi glielo avessero trovato! Faina in seguito venne arrestato ma la sua vicenda processuale fu breve perché nel 1981 morì per un tumore.
Cardinale per parecchi anni, tra gli Ottanta e i Novanta, fu nel partito repubblicano, lo abbiamo già visto. In seguito, aderì ad altre associazioni del mondo laico, tra cui quelle sulla ricerca sul cancro, ma anche l’UAAR, l’Unione degli atei, agnostici e razionalisti. Si esprimeva sempre contro tutti i fondamentalismi religiosi, e diversi anni fa scrisse un denso libretto, L’Ora di laicismo, un antidoto contro l’ora di religione. In esso, partiva dalla filosofia greca, in particolare da Epicuro, secondo il quale la vita degli esseri umani è governata dal caso e dalle loro decisioni, ben presto tuttavia questo pensiero venne sopraffatto dalle religioni dogmatiche per sbocciare solo nel XVIII secolo, nell’Illuminismo. “…a me, scriveva, è successo qualcosa di simile: indottrinato sin dalla più tenera infanzia con dosi massicce di catechismo, ho reagito riflettendo a lungo su questi temi così importanti, approdando gradualmente all’agnosticismo ...”.
Nel 2020, in occasione del settantaseiesimo anniversario del bombardamento aereo nel quale perse la vita suo padre, inviò al sindaco una testimonianza, che lo ringraziò nel comunicato stampa, “Ringrazio Pietro Cardinale, figlio di una delle vittime del bombardamento – scrisse il primo cittadino – per avermi inviato la sua preziosa testimonianza di cui mi faccio tramite per tenere vivo il ricordo di quegli avvenimenti…” . Anche se poi Pietro polemizzò con chi sostenne che bisognava ringraziare la Madonna di Montallegro per avere evitato danni alla città. Inviò una lettera al giornale locale, Il Secolo XIX, che non venne pubblicata, domandando cosa dovevano dire loro, figli delle vittime. Chi siamo noi? Si chiedeva, forse figli di un dio minore?
Con Pietro Cardinale se ne va un amico, una mente lucida e libera, che ricorderemo a lungo.
Alla famiglia le condoglianze di PiazzaCavour.