Deludente. E’ questo il risultato dell’incontro – mortificante nella forma, povero nei contenuti e risultati – svoltosi in municipio (e nella piazza sottostante) qualche giorno fa durante il quale è stato fatto il punto sul progetto relativo al raccordo che collegherà la autostrada A12 con la Fontanabuona.
Compensazione. Deludente perché quel compensazione (aleggiato in diversi interventi) ha disvelato, semmai ce ne fosse stato bisogno, ciò che era già palese: l’opera, così com’è pensata, creerà ulteriori e non banali problemi a Rapallo. Problemi di natura ambientale (mette tenerezza la frazione di Arbocò, neppure lei, che in fondo non c’entra nulla, viene risparmiata); problemi di impatto paesaggistico (quel raccordo è un mostro da Guerra dei Mondi); problemi di viabilità, Rapallo è già un malato cardiaco cronico di lungo corso cui si andranno a somministrare ulteriori quotidiane dosi di traffico e benzene. Senza dimenticare il peso che porterà (tralasciando i problemi che creerà ad un commercio cittadino sempre più contratto per volumi e qualità) l’incombente progetto relativo all’area del campo Macera. Compensazione. Come se fosse possibile compensare l’accodato quotidiano delirio rapallese semplicemente con un altro tunnel per Santa Margherita Ligure. L’andante che il vecchio presidente di Regione Liguria, Claudio Burlando, soleva cantilenare – non si fanno le opere senza l’accordo dei territori, più o meno così recitava – è sempre valido. Così valido che il raccordo per la Fontanabuona si fa perché ha l’avvallo delle due sponde. Mentre quello per Santa Margherita – approvatissimo e finanziatissimo, si è sentito ripetere tante volte – non si fa. E non si farà mai.
Risposte. Di fronte a questa realtà, di fronte alle preoccupazioni la risposta politica si è sostanzialmente coperta dietro ammorbanti sequenze di powerpoint farcite di (non significative allo scopo atteso) technicality di progetto. Senza che il montante dei dubbi sia stato scalfito. Le premesse, sotto forma di domanda, meritavano un altro ritorno: quali ricadute ha l’opera sul territorio rapallese anche alla luce delle altre opere che si vogliono mettere in campo come quelle nella zona del Macera? Quali i punti di forza? Quali i punti di debolezza? Quali le opportunità? Quali i rischi? La risposta doveva essere politica, non tecnica. Per illuminarci e convincerci sarebbe bastata la più banale delle analisi swot, corroborata con qualche studio di cosa accadrà una volta che i progetti avranno dispiegato i loro effetti. Un semplice foglio con i pro e i contro, pesati e surrogati da studi aggiornati, ovviamente dal punto di vista della comunità rapallese nella sua totalità. I cui interessi non sono mai quelli dei singoli da intercettare e ricompensare uno ad uno perché – lo ripetiamo – la somma delle istanze private non fa mai l’interesse collettivo. Una risposta che tenesse conto delle molte trasformazioni che oggi si tracciano e che segneranno la Rapallo di domani.
Bilancia. Davanti a due bisogni decennali indiscutibili – la comprensibile necessità di un collegamento per la Fontanabuona e l’urgenza impellente del ripristino di un equilibrio viario (e di vivibilità) a Rapallo – si è scelto di non affrontare il secondo, anzi di amplificarne i problemi alla luce di progetti esecutivi e articoli di giornale. Sulla bilancia delle opportunità (che ci sono) i vantaggi appaiono pesantemente perdenti rispetto ai disvalori da sopportare.
PUC. Non sono passati neppure tre anni dall’approvazione del PUC di Rapallo. In esso, nel Piano degli Obiettivi – pagina 6, la considerazione che l’ipotesi migliore per un auspicabile collegamento Fontanabuona <—> costa avrebbe dovuto prevedere, quale terminale verso l’autostrada, l’innesto nella zona del rio Campodonico (laddove oggi c’è un’area di sosta) e non la frazione di San Pietro (ipotesi di cui si parlava in quel periodo) in viabilità ordinaria. Sul PUC è già calato il sipario. Della soluzione rio Campodonico da queste parti non s’è sentito neppure un sussurro. Quel documento, ancora in culla, è già lettera morta.
L’estratto del PUC di Rapallo dove si fa cenno alla soluzione rio Campodonico
Inquietudini. Non ci adagiamo su comode posizioni nimbyste, stare fermi non paga. Ma siamo preoccupati di fronte a questo approccio del fare senza traguardare che non tiene conto delle conseguenze per un territorio fragilissimo e per una città perennemente infiammata come la nostra. Siamo preoccupati di fronte ad un progetto che appare novecentesco nelle sue sopraelevate iperboli e da un approccio altrettanto obsoleto che non cura i costi indotti, frutti amari di scelte che ci sembrano decisamente mal ponderate. Preoccupati per il conformismo silenzioso – granitico e imperturbabile – di chi ha in carico la rappresentanza politica; per l’indifferenza di una larga parte della città che ha delegato tutto alla politica, per stanchezza, sfiducia, noia, distanza, acciacchi, paura; per la sottomissione non scusabile ad un principio di omologazione che devasta il naturale e costruttivo contraddittorio politico e sociale che non è un farraginoso corollario. Siamo preoccupati perché non scorgiamo sensibilità intergenerazionale per ciò che lasceremo, deboli nell’interpretare le evoluzioni planetarie di un presente che nei fatti – con le loro opportunità e i loro nodi da risolvere – è già futuro. Siamo preoccupati per il procedere di quell’ineluttabile processo partito tanti anni fa che ha trasformato grande parte di Rapallo da borgo a sobborgo segnandone un pluridecennale destino che non si riesce ad invertire. Come se bastasse una cartolina dal mare per farne una perla.
Futuro. Per amor dei luoghi e dei figli, speriamo di venire smentiti dai fatti. Ma oggi non abbiamo appigli – né lo saranno i vedremo, né i faremo – per immaginare una posizione che non sia drammaticamente contraria a tutte queste ipotesi delle quali scorgiamo, in lontananza, soltanto l’emerge di rottami (il noi è formale, in questo spazio di opinioni il dibattito è aperto e non a senso unico). Siamo minimi, deboli, fuori tempo massimo, in pari con il ritmo lento di una città arrivata a questo appuntamento largamente impreparata e in ritardo. Scriviamo perché non abbiamo intenzione di avvalorare una vicenda che racconterà di generazioni che, nei confronti del futuro, hanno già oggi gravi responsabilità. Di tutto ci dichiariamo correi. Di tutto, ma non di tutto questo.