Foto di copertina: Fabio Piumetti

É scomparso nei giorni scorsi Franco Canessa. Se ne è andato quasi in silenzio, un po’ di avvisi sui muri, un funerale con una modesta partecipazione. Per l’ultimo saluto ha lasciato le colline, dove si era stabilito ormai da molti anni, per scendere in centro, in Basilica, a qualche decina di metri da dove aveva vissuto ragazzo, l’inizio di via Mameli, laddove una volta si diceva nelle porte ad indicare che lì una volta c’era una porta del paese. Dalle finestre di casa, ci raccontava qualche volta, aveva assistito ragazzo a momenti di storia locale, anche crudi.

Poco oltre la sua casa c’era – i vecchi rapallesi lo ricordano ancora oggi – il negozio di famiglia, la cartoleria, dove sua madre, la signora Cecchini, una donna minuta, riceveva sempre con un sorriso e una parola gentile. Molti di noi hanno iniziato proprio lì il percorso scolastico, acquistando i primi quaderni, e quant’altro occorreva per la scuola. Ma la cartoleria ospitava anche una tipografia, quello era il regno del marito, u Ban com’era soprannominato. Dalla tipografia sarebbero passati gli acquirenti dei quaderni dopo qualche anno, per la stampa delle immagini della prima comunione, e più avanti quando, molto raramente, serviva qualcosa di stampato.

In realtà la tipografia non stampava solo immagini e piccole cose, nel 1944 Ezra Pound vi stampò il suo opuscolo di propaganda fascista Oro e Lavoro, di cui anni dopo Franco ricordava le copie invendute che servivano da base per un torchio (tipografico).

Non usò invece la tipografia il fratello del Ban, don Luigi Canessa, partigiano, cappellano della Divisione Centocroci, quando nel 1946 e nel 1948 stampò il suo ricordo resistenziale La strada era tortuosa. Forse, a differenza dell’opuscolo di Pound, questo era un libro corposo, don Luigi Canessa si rivolse prima a una tipografia genovese, e poi agli Emiliani, sempre di Rapallo.

Il nome della madre di Franco, Cecchini, rivela origini marchigiane, a dimostrazione che anche Rapallo è stata, nel tempo, aperta ad arrivi lontani. Nel caso di Franco poi, di altri incroci familiari ben più lontani ci raccontava, che arrivavano fino alla Russia di una lontana progenitrice. Non erano racconti affabulatori, il viso riportava evidenti tracce slave.

A un certo punto i figli presero la direzione della tipografia del padre, che si sviluppò in via Gorizia e da ultimo in via Toti. Ed è proprio qua che lo vogliamo ricordare, non come tipografo, ma come editore del giornale Il Mare. Intorno ai primi anni novanta, aveva ripreso l’antica testata, con l’intento di rilanciarla. Il tutto affidato a Mario Bitonte; un’altra persona che ha segnato la storia recente di Rapallo e che è stato troppo presto dimenticato. Lucano di Matera, era approdato nel Tigullio nel 1951, trasferito per punizione dall’amministrazione pubblica di appartenenza. Era colpevole, lui consigliere provinciale della Democrazia Cristiana, di avere immaginato una giunta insieme al Partito Comunista, nel pieno della guerra fredda.

A Rapallo, Bitonte si dedicò al giornalismo, in anni nei quali Rapallo era ancora una cittadina con una certa risonanza nazionale. Fu corrispondente, tra gli altri, del quotidiano milanese La Notte, per il quale a metà degli anni cinquanta intervistò il leader socialdemocratico Saragat, che si stava recando in Val d’Aosta per lo storico incontro con Nenni a Pralognan (1956), e gli preannunciò che si stata avviando la riunificazione socialista (in realtà avvenne solo dieci anni dopo). Negli anni settanta Bitonte animò la prima televisione via cavo rapallese, una delle prime in Italia.

Noi ricordiamo Franco e Mario Bitonte, seduti di fronte al computer, nel box in vetro all’ingresso, mentre nella parte opposta del box Claudio Molfino, genero di Franco e prematuramente scomparso, e Sandro Bonati curavano la parte redazionale della tipografia.

Bitonte, con gli occhiali con lenti da fondo di bottiglia, scrutava lo schermo; lui, nato giornalista con la macchina da scrivere, si destreggiava molto bene con la scrittura elettronica, mentre Franco alternava il lavoro redazionale alla stesura di qualche articolo per il Mare, che molte volte pubblicava non firmato.

Ricordiamo quei tempi con commozione perché è stato proprio sul Mare che chi scrive queste righe intorno alla metà degli anni novanta iniziò a pubblicare brevi articoli di storia locale, fino a quel momento si era limitato a scrivere per la Voce Repubblicana e altri giornali di area. Aveva infatti notato che ampie aree storiche, in particolare il periodo post-risorgimentale, ma anche la lotta politica che pur si sviluppò a Rapallo a cavallo tra Ottocento e Novecento non erano mai state indagate e raccontate. La ricerca nell’archivio comunale, in quegli anni ancora possibile, ne permetteva una ricostruzione.

La vicenda di Domenico Ghirardelli, fino a quel momento sconosciuta nella nostra città, è stata per la prima volta raccontata proprio sul Mare; è solo un esempio.

Dopo qualche anno un altro rapallese, più attento alla realtà politica del momento, Paolo Marchi, avrebbe iniziato a scrivere piccole cronache, che, dopo la fine dell’esperienza di entrambi sulla testata, si sono trasferite nella prima serie di www.piazzacavour.it, diretto progenitore del sito dove state leggendo questo articolo.

Ma i tempi cambiavano anche per le aziende, sia pure floride, com’erano le Arti Grafiche Canessa. Lo sviluppo del digitale forse non è stato compreso tempestivamente, almeno così ci raccontava Franco, e nel 2010 l’erede della vecchia tipografia di via Mameli chiudeva per sempre.

Qualche giorno fa, quando abbiamo salutato Franco per l’ultima volta, abbiamo osservato con mestizia che pochi si erano ricordati di lui, nonostante che per molti anni la sua azienda avesse pagato un discreto numero di stipendi, fornendo a parecchi rapallesi i mezzi di che vivere. Assenti erano le istituzioni, assenti gli imprenditori (ma a Rapallo di imprenditori ce ne sono ancora?).