Ancora qualche tempo – poco – poi la luce che filtra tra il varco creato lungo il fronte del porto si spegnerà definitivamente e con lei la possibilità di ammirare, non senza orgoglio per chi è di queste parti, uno dei promontori più belli del mondo. Un pezzo di orizzonte geografico sparisce, un’immagine simbolica non solo fisica.
E’ tutto un gran fermento d’opere lungo l’arco di costa marina rapallese. Lento (troppo lento) all’inizio, non privo di idee strampalate (e per fortuna accantonate) ora è nel pieno del suo divenire. Lavori, doverosi, necessari, alcuni di questi tardivi, comunque benvenuti, che leniscono situazioni oramai al limite e per le quali si è atteso fin troppo come il molo di attracco dei primeri, il dragaggio del golfo o il completo rifacimento della piastra a copertura del San Francesco, marcita dopo decenni di fumenti salmastri; oppure come le vasche di scarico della acque piovane in posa sotto la strada in passeggiata, speriamo che i negozi di via Mameli bassa non vadano più sott’acqua come da tempo accade quando Pluvio insiste un po’ di più.
Tra questi cantieri spicca la rigenerazione e l’ampliamento della spiaggia dei Cavallini che tornerà a nuova vita dopo decenni di abbandono. L’erosione al contrario, l’uomo che conquista confini alla forza dei flutti, non lascia indifferente l’immaginazione. Anche se l’intervento servirà solo per recuperare qualche decimo di quel misero 14% di spiagge libere sul totale di costa fruibile che Rapallo vanta, lontanissimo da quel ragionevole 40% che dovrebbe essere il livello minimo secondo Regione Liguria. Rapallo è in classifica con le peggiori, la libera balneazione resta concettualmente e praticamente residuale. La spiaggia rinasce in uno spazio acqueo sempre più chiuso, con sempre meno ricambio d’acqua, che si spera non sia reclamata da Poseidone alla sua prima burrascosa sortita.
Una spiaggia cui fanno da guardia diversi metri di un’alta, profonda, massiccia trincea immediatamente al suo fianco e che correrà lungo tutta la passeggiata. Avevamo nitidamente inteso che ben altre ciclopiche strutture giustificassero la loro mastodontica edificazione a baluardo difensivo della città indifesa durante le sfuriate del mare. Sfumature dialettiche decisive che, fotografando la diretta della trasformazione in atto, lasciano perplessi. Continuiamo ad essere convinti che la passeggiata di Rapallo abbia bisogno di essere ripensata di nuove idee non solo armata.
Dolorosamente, Rapallo continua ad essere prigioniera del gigantismo del passato che ha reso le generazioni a seguire dei nani armati d’armi spuntate, impossibilitati a combattere l’eredità degradata fin troppo in fretta che non ha risparmiato neppure il mare.
La spiaggia che rinascerà con qualche metro in più di battigia è benvenuta, finalmente l’entrée al mare per chi arriva dall’interno torna ad avere un minimo di decenza. Ma è figlia di una lunga storia di compromessi indigesti dove è sempre la parte pubblica, quello che chiamiamo talvolta enfaticamente bene comune, a doversi adeguare, ridimensione, rinunciare, piegare, pagar pegno. Da oggi il mare è più lontano, l’orizzonte è un ricordo e il paesaggio, ancora più cementato, mutato per sempre. Progressivamente ci siamo dissociati da ciò che avevamo di più prezioso: l’ambiente, il paesaggio fattori primi della qualità della vita (e dell’offerta turistica) in una città che guarda al mare anche come occasione di sviluppo. Non c’è, non ci può essere compensazione tra ciò che oggi abbiamo perso e la rinata battigia. La dimensione pubblica ha perduto ancora. A meno del solito accontentarsi, il solito refrain che ci ha condotto fin qui.