Quando, lo scorso mese di aprile, è scomparso l’avvocato Angelo Romano Canessa, è stato ricordato il suo impegno civile e culturale a Rapallo e in Liguria e la sua partecipazione, come staffetta partigiana, nella lotta di Liberazione. In questa sede vorrei invece soffermarmi su quello che, a mio avviso, è un punto altrettanto importante, e cioè che con Angelo Romano Canessa è scomparso forse l’ultimo ghibellino. Era una definizione che gli piaceva, ricordo che terminata qualche manifestazione di Carogio Drito alla quale avevo preso parte, mi aveva detto: Noi siamo ghibellini; dando alla parola non il significato storico, oggi inattuale, ma quanto scrive il Devoto-Oli, ghibellino uguale anticlericale, laico. In quell’occasione mi ero soffermato un momento sul cosa volesse veramente dire, se ghibellini considerava noi due (e ne aveva motivo) oppure la sua famiglia; quest’ultima mi era sembrata, e mi sembra oggi, l’attribuzione migliore.
I ghibellini nella sua famiglia non mancavano. A partire dall’avo garibaldino. Bartolomeo Canessa (da cui Angelo Romano non discendeva però in linea retta paterna, come farebbe supporre il nome) partecipò alla spedizione di Garibaldi in Sicilia nel 1860. I garibaldini, si sa, non erano molto amici della chiesa. Ma più interessante per Rapallo, è la figura del padre di Angelo Romano, Andrea.
Andrea Canessa era nato a Rapallo nel 1882, fu notaio, e anche l’ultimo sindaco prima del podestà di nomina fascista, tra il 1925 e il 1926. Ma Andrea, prima di tutto questo è stato anche l’immagine di un’Italia dove dopo l’Unità era iniziata la mobilità sociale. Notaio, non apparteneva a una famiglia di notai, come è di frequente. Il nonno (Tommaso, fu Andrea) era un contadino di Cerisola, la madre una filatrice; nel 1838 la coppia ebbe un figlio, Giovanni Battista. Di lui sappiamo poco, però le attestazioni dello stato civile lo indicano, nel 1882, come negoziante. Il passo tra la terra a Cerisola e una attività commerciale è lungo, forse troppo lungo per essersi svolto tutto a Rapallo. Purtroppo non abbiamo notizie, ma l’ipotesi, solo un’ipotesi però confortata da casi analoghi nel periodo, è che Giovanni Battista Canessa sia arrivato al suo commercio dopo l’emigrazione nelle Americhe. Alla fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento l’emigrazione era in pieno svolgimento; nel 1859 un funzionario della Prefettura di Chiavari in una relazione avrebbe parlato di “frenesia dell’emigrazione” in Riviera. Qualcuno restava, ma molti tornavano, non solo con un discreto gruzzolo per avviare un’altra attività in patria, ma anche trasformandosi da contadini, fittavoli o mezzadri, in agiati borghesi residenti nelle città della costa.
Andrea Canessa per la sua età frequentò il liceo e l’università negli anni agitati di fine Ottocento (ricordiamo il 1898, i moti milanesi, la strage di Bava Beccaris), e poi nei primi anni del nuovo secolo, il decennio giolittiano, nel quale si affermò un’Italia moderna.
Di Andrea non abbiamo altre notizie, ma un articolo sul Mare in occasione della sua elezione a Sindaco ci da qualche spunto.
Per comprenderlo però dobbiamo soffermarci sulla politica nazionale e locale. Con l’eccezione del Partito Socialista, fondato nel 1892 e del Partito Repubblicano, fondato tre anni dopo, nell’Italia umbertina e giolittiana i partiti politici non esistevano. C’erano invece innumerevoli club ed associazioni, liberali, democratiche (cioè un po’ più a sinistra), repubblicane di varie colorature (mazziniani, garibaldini, federalisti…), le associazioni cattoliche sarebbero venute di lì a poco. Erano questi circoli che nei momenti elettorali raggiungevano un accordo in base al colore politico e presentavano candidati. A Rapallo, dal 1886, esisteva un circolo democratico-repubblicano, la Lega Anticlericale Rapallese, a sua volta collegata con altri circoli genovesi. Esponenti della Lega Anticlericale erano Attilio Scarsella, che poi sarebbe migrato a Santa Margherita, e Pilade Passalacqua, che nel 1908 avrebbe fondato il giornale Mare. Intanto il cattolicesimo politico irrompeva nel panorama elettorale, fino a quel momento dominato dalle èlites liberali, scalfite, dov’era possibile, da radicali e qualche repubblicano. A Rapallo nel 1892 il primo sindaco eletto dal consiglio comunale (fino a quel momento i sindaci erano scelti dalla prefettura) fu Lorenzo Ricci, cattolicissimo genovese trapiantato a Rapallo. Durò solo due anni, e poi venne dichiarato decaduto per aver ostacolato la manifestazione del XX settembre (la presa di Porta Pia). Con Ricci la polemica politica tra cattolici e i circoli laici entrò nel vivo. Nel 1898 la Lega Anticlericale fece erigere, a sue spese, il busto a Garibaldi, in piazza Molfino, in seguito trasferito nei giardini di fronte al mare. Passalacqua, con Il Mare, nel 1910 appoggiò il ritorno di Ricci in consiglio comunale e alla carica di sindaco in una lista di rinnovamento. Ma con la guerra, la Grande Guerra, le strade si divisero. Ricci, cattolico, filotedesco (aveva avuto una onorificenza dal Kaiser), era pacifista, e non ne faceva mistero; mentre Il Mare appoggiava apertamente gli interventisti. Gli attacchi del giornale contro il sindaco continuarono per tutto il periodo bellico, e anche dopo.
Andrea Canessa lo troviamo nel 1913 già notaio, a Varese Ligure; sarebbe tornato nel Tigullio solo nel 1929, a Santa Margherita.
Ebbene, la settimana dopo l’elezione di Canessa a Sindaco, nel 1925, il Mare riportò in un breve articolo: “il … pensiero, il …saluto …il plauso” scriveva, va a Pilade Passalacqua, che “fu all’avanguardia di questa lunga lotta …in un tempo più lontano, quando le competizioni politiche ed amministrative erano più difficili” collegando direttamente l’attività politica e giornalistica di Passalacqua alla vittoria elettorale. Ora, nel 1925 il Mare era un giornale dichiaratamente fascista, e Pilade Passalacqua era stato il primo segretario del partito fascista a Rapallo, nel 1921, ma in queste righe si legge il riferimento al periodo precedente, dal 1910 in poi.
Il passaggio al nascente fascismo di persone che avevano militato in gruppi democratici nei primi anni del secolo non fu solo un fenomeno rapallese, ma comune a molte parti d’Italia. Del resto, aggiungiamo, nel 1945, alla Liberazione, in nessun documento del Comitato di Liberazione tra le persone legate al passato regime appaiono i nomi di Andrea Canessa e di Pilade Passalacqua (che nel 1945 erano vivi e vegeti), a significare che la compromissione fu iniziale e finì presto.
Angelo Romano Canessa non fu il solo figlio di Andrea ad avere impegno civile, aveva un fratello maggiore, Giovanni Battista (i nomi che si ritrovano), nato nel 1912, che era notaio ad Alessandria; si iscrisse al Rotary Club locale, e ne fu presidente nel 1964. Ora forse i più l’hanno dimenticato, ma negli anni Venti e Trenta del Novecento la stampa cattolica, fino all’Osservatore Romano, attaccò ripetutamente i rotariani, finchè nel 1938 il regime chiuse il club.
Angelo Romano Canessa militò in una forza politica, la socialdemocrazia, la quale negli anni cinquanta era stata tentata dal disegno della terza forza, con repubblicani e liberali, stretti tra democristiani e comunisti (con i socialisti loro alleati). L’idea di terza forza nasceva dalla necessità di queste forze minori numericamente di condizionare il partito di maggioranza relativo, la Democrazia Cristiana, con la quale era necessario un rapporto di collaborazione a causa della situazione internazionale, erano tutte forze occidentali e europeiste. In realtà la terza forza non decollò mai, e tuttavia in determinate occasioni, come nel caso dei diritti civili, i tre partiti ebbero posizioni comuni, di contrasto, anche acceso, con la DC.
Ritroviamo la ricerca per gli elementi laici anche nell’attività culturale di Angelo Romano Canessa, come il confuoco, tratto da un lontano passato dimenticato, dove il rappresentante del popolo esponeva al Podestà o al Capitano, nominato dal governo genovese, i desideri e le necessità della popolazione.
É in questa autonomia dalle grandi chiese, politiche e religiose, che lo ricorderemo, certi che non esiste una verità imposta, ma che la via per il miglioramento dell’uomo è individuale e continua.
Si ringraziano gli impiegati dello Stato Civile per la collaborazione