Per la Liguria, gli anni dal 1805 al 1814 sono conosciuti come il periodo francese, anni nei quali la regione fu parte del Primo Impero, l’impero di Napoleone. Fu un periodo importante per la regione, soprattutto per la riviera di Levante e per il capoluogo del Dipartimento degli Appennini, Chiavari, che venne “trasformato dai francesi in un importante centro della Liguria …, grazie alla modernità e alle istituzioni amministrative create nei dieci anni napoleonici sviluppò economia e società civile, istituzioni culturali, sistemi scolastici, giornali quotidiani e riviste settimanali, istituzioni benefiche, diventando importante nel Risorgimento”, come scrisse di recente su www.piazzalevante.it, Antonio Gozzi.

Quando gli anni francesi ebbero fine, la Liguria passò brevemente sotto un governo autonomo per essere assegnata dal Congresso di Vienna (1815) al Piemonte, integrandosi nel Regno di Sardegna.

Dipartimento degli Appennini (Archivi Nazionali di Francia)

In quel momento i suoi abitanti, che per dieci anni erano stati cittadini francesi di pieno diritto, si trovarono sudditi sardi. Ma non tutti si adattarono alla nuova condizione.

É una vicenda poco nota, di recente un libro ne ha raccontato i risvolti, che riguardano anche le nostre popolazioni, e ci permettono di osservare da vicino come si muovevano duecento anni fa. Il libro è L’Empire de la paix, di Aurelién Lignereux (Passés Composès, Parigi 2023, pag. 396, Euro 23).

Nei dieci anni di appartenenza francese, diversi liguri erano entrati nell’amministrazione dello Stato, come funzionari delle amministrazioni, come gendarmi o doganieri, erano stati arruolati nell’esercito e vi avevano fatto carriera. Come tali, subivano trasferimenti all’interno dello Stato, sia in altri dipartimenti nuovi, cioè di territori conquistati, sia entro i confini della Francia del 1792. Altri liguri, marinai, commercianti, si erano trasferiti sulla costa di Provenza.

Quando nel 1814 la Liguria diventò sabauda molti di essi preferirono restare nelle amministrazioni di appartenenza, trasferendosi in Francia, se non c’erano, oppure restandovi. Ma, essendo nati in una regione non più francese, e poiché in Francia la cittadinanza era, ed è, legata, alla nascita, si trovarono nella condizione di stranieri. Per alcuni, specialmente gli artigiani, e i commercianti, ma anche i dipendenti delle municipalità, questo non era un problema, lo diventava solo se dovevano percepire una pensione dello Stato, che era riservata ai francesi. I funzionari dello stato invece avevano necessità di ritornare rapidamente nella condizione di cittadino francese.

La situazione venne risolta con una legge nell’ottobre dello stesso anno, che stabiliva che per tornare ad essere francesi dovevano semplicemente presentare una richiesta al sindaco, l’unica condizione era che si trovassero, in quel momento, entro i confini della Francia. Non importava da quanto tempo. Veniva loro rilasciata una declaration de naturalisation. Fu un’opportunità della quale si giovarono in molti, compreso lo Stato francese, che continuò a usufruire dei servizi di molti impiegati, di tutti i livelli, dal doganiere fino ai vertici, come il maresciallo di Francia Andrea Massena (cui è dedicata la foto di copertina, impressa in una piazza di Nizza – ndr), che era nizzardo (Nizza era tornata sabauda) e il ministro delle finanze, che era il genovese Luigi Corvetto.

La tomba di Luigi Corvetto nella chiesa di San Siro a Nervi
La tomba di Luigi Corvetto nella chiesa di San Siro a Nervi

Tutte le naturalizzazioni sono state pubblicate sul Bullettin des Lois, che è reperibile online sul sito della Bibliotèque Nationale de France (https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/cb32726274t/date).

Se noi scorriamo gli indici dal 1815 al 1820 troviamo molti nomi italiani, in gran parte piemontesi, ma anche liguri, qualcuno della riviera di Levante. Nel 1815 troviamo un Angelo Maria Morello e un Barbagelata, nati a San Michel de Pagana, che facevano di professione i pescatori di corallo ed abitavano a Saint Tropez. Insieme a loro, un Emanuele Roisecco, di 46 anni, di Santa Margherita, corallaro anch’egli.

Nello stesso anno un Jean Baptiste Colla, nato a Framura, di anni 26, è capitano in seconda di imbarcazioni di cabotaggio, e abita a Marsiglia. Tutti e quattro non hanno la lettera di naturalizzazione, ma sono autorizzati a vivere in Francia, con i diritti dei Francesi. Invece Pier Jean Dominique Botto, nato a Borzonasca nel 1787, sottufficiale di fanteria non in attività è naturalizzato (non sappiamo dove abiti) nel 1819. C’è anche un comandante di una nave di cabotaggio (erano le feluche o le tartane, piccole navi a vela che percorrevano il Mediterraneo), si chiamava Agostino Fontana, ed era nato a Rapallo nel 1781. Non sappiamo dove abitava, ma venne naturalizzato nel 1819. Un altro capitano marittimo era un Figari, di Santa Margherita, aveva 41 anni.

Molti i genovesi, tra cui un marchese Doria, colonnello di fanteria, nato nel 1770, e poi un medico, Vincenzo Landò, che abitava a Parigi. Sempre a Parigi, nel 1815 venne naturalizzato Joseph Schiaffino, maitre des requestes ordinaires au conseil d’état, che altri non era che il genero di Luigi Corvetto. Ancora un Bruzzo, genovese; un Anfossi, di Colorno; un Cervetto, un Aicardi (di Genova e Loano).

Si trovano diversi Cuneo, che è un nome molto diffuso nel Val Fontanabuona, nella Riviera di Levante, in realtà questi sono tutti marinai della Capraia che sono autorizzati a vivere a Bastia, in Corsica (la Capraia era stata un’isola genovese, e fino al 1926 appartenne alla provincia di Genova).

Possiamo continuare con la nostra ricerca, e inserire questi nomi nel Fichier Bossu, della Bibliotèque Nationale de France (fichier-bossu.fr), un database che riporta tutti i nomi che si trovano nella documentazione massonica presente negli archivi della biblioteca, e che copre il periodo tra fine Settecento e il 1850 circa. Allora, troveremo alcuni dei precedenti naturalizzati, come Colla (che era di Framura) a Marsiglia nel 1836 venerabile della Loggia Les Frères Unis; mentre il medico Landò nel 1820 aderiva alla loggia parigina Les imitateurs d’Osiris, e Joseph Schiaffino alla loggia Les commandeurs du Mont Thabor, sempre a Parigi. A dimostrare che la presenza di questi liguri in Francia non fu un fatto temporaneo ma definitivo. Non per tutti fu così, ad esempio Luigi Corvetto quando si ammalò, intorno al 1820, preferì tornare in Liguria e stabilirsi a Nervi, dove poco dopo morì.