Domani è il 4 maggio 2020, una data che resterà impressa nella nostra memoria.
Domani, si dice, si riparte.
Domani, sarebbe auspicabile dire, si ricomincia.
C’è differenza tra ripartire e ricominciare.
Ripartire vuol dire riprendere da dove si è lasciato, nella stessa forma nelle stesse maniera e condizione.
Ricominciare significa prima di tutto ripensare, è questo l’auspicio.
Ricominciare significa rivedere la parte non più sostenibile del nostro modo di vivere, di fare le cose, dei nostri comportamenti civili e sociali.
Ricominciare vuol dire ripensare la nostra convivenza, le priorità pubbliche, gli obiettivi fondamentali, rivedere radicalmente il rapporto con l’ambiente che in questa crisi ha fatto da corollario alla detonazione del male.
Ricominciare significa modificare le politiche pubbliche che negli ultimi decenni hanno preso direzioni sbagliate, a partire dalla sanità, dalla scuola, dalla ricerca.
Ricominciare significa riflettere in profondo sul nostro modo di essere, questa è una occasione personale per tutti.
Ricominciare significa cambiare il modo di pensarci, prima ancora di rapportarci, gli uni altri altri.
Ricominciare significa dare voce alle parole di un’etica nuova, significa rimetterne a posto il loro significato, troppo volte e per troppo tempo, tradito.
Abbiamo il dovere di non lasciare indietro nessuno, abbiamo il dovere di guardare all’altro pensando di tutelarlo per aiutare noi stessi, questo vuol dire ricominciare.
Abbiamo il dovere di andare oltre le regole – cioè rispettarne lo spirito – perché sappiamo che le nostre mancanze hanno mortificato il nostro paese, la nostra etica e hanno drenato risorse ed energie alla nostra comunità.
Ora che da un momento all’altro ci siamo trovati deboli non dobbiamo chiuderci in noi stessi. Questo sarebbe l’errore più grande, sarebbe un errore fatale.
Domani prendiamoci l’impegno di pensarci e guardaci con occhi diversi.