I rapallesi più anziani ricordano certamente il dottor Lotario Gramegna, medico dentista che aveva lo studio in Corso Matteotti, accanto al cinema Grifone, dove riceveva con l’immancabile Rosetta, l’infermiera. Già la scritta “Laureato all’Università di Monaco di Baviera” sulla targa, e poi il forte accento, tradivano, nonostante il cognome italianissimo, la provenienza tedesca. Chi poi lo aveva frequentato, sapeva anche di una sua ascendenza ebraica, e che durante la guerra si era rifugiato in Toscana.
É solo di recente, grazie al figlio Claudio, ma anche ad altra documentazione che abbiamo ritrovato in archivi pubblici, che siamo stati in grado di ricostruire la sua storia; una storia che raccontiamo proprio ora, in occasione della celebrazione del settantacinquesimo anniversario della Liberazione, perchè anche Lotario Gramegna, ha portato il suo mattone al grande edificio della Liberazione d’Italia.
La storia di famiglia e gli anni giovanili li ricaviamo da una pubblicazione di qualche anno fa “Die Juden von Ronnenberg” (Gli Ebrei di Ronnenberg). Ronnenberg è una cittadina vicino a Hannover, nella Bassa Sassonia, nel nord della Germania. Lì era emigrato un uomo d’affari pugliese, Michele Gramegna, che all’inizio del novecento aveva sposato una ragazza ebrea, Alice Abrahamsohn. Era la figlia di Moritz e Bertha, una coppia di Erichshagen, cittadina poco più a nord di Hannover. Alice era la seconda di tre fratelli, aveva una sorella maggiore, Hedwig, e un fratello minore (che sarebbe mancato prematuramente). Il padre, procuratore in una ditta che commerciava cuoio, era morto del 1913. La famiglia apparteneva evidentemente ai molti ebrei che si erano integrati da anni con la popolazione tedesca; solo con il sorgere dell’antisemitismo, che in Germania iniziò a manifestarsi in modo virulento alla fine dell’Ottocento non solo nella politica ma soprattutto nella cultura, dovettero affrontare la loro condizione.
Non sappiamo la data del matrimonio tra Alice e Michele, ma nel 1911 ebbero una coppia di gemelli, Lothar e Jochen. Degli anni giovanili sappiamo poco, se non che Lotario Gramegna (il nome è già in italiano) si laureò in medicina nel 1935 all’università di Monaco con una tesi sulla ricostruzione dentale.
Ma dopo l’avvento al potere di Hitler, nel 1933, per gli ebrei in Germania cominciavano anni difficili. In realtà nei primi anni, nonostante le leggi razziali e la propaganda antisionista, molti, ebrei e non ebrei, pensavano che tutto sarebbe finito presto. Fino al 1938 l’emigrazione ebraica riguardò quasi solamente i politici e gli intellettuali, gli altri attendevano che cambiassero i tempi. Tutto ciò terminò nel novembre 1938, con la notte dei cristalli, che in realtà durò più giorni, nella quale i negozi appartenenti agli ebrei vennero distrutti, da qua il nome, ma soprattutto quando molti ebrei vennero aggrediti ed uccisi. In quel momento, e nei mesi seguenti, essi capirono che stare in Germania diventava pericoloso. Purtroppo per molti fuggire diventava impossibile, non tanto perchè fosse difficile uscire dalla Germania, ma perchè non era facile trovare un paese che desse ospitalità.
Michele Gramegna era morto proprio in quell’anno, e Alice Gramegna, ormai cittadina italiana, con i suoi due figli, venne in Italia, a Genova. Come italiani cattolici non avevano nulla da temere. Anche la sorella, Hedwig, sposò uno straniero, un belga. Erano entrambi anziani, ma con il matrimonio poté seguire il marito, e sopravvivere alla guerra. Restava la vecchia madre; negli anni seguenti scambiò una lunga serie di cartoline con la figlia in Belgio, nella quale raccontava la sua odissea. Nel 1942 venne internata nel lager di Theresienstadt, da dove non uscì più.
Ormai in Italia, Lotario superò l’esame di Stato per l’esercizio della professione medica presso l’Università di Parma, il suo nome risulta nell’elenco degli abilitati nella Gazzetta Ufficiale del 1942. Era anche stato chiamato alle armi come sottufficiale medico.
Ma Lotario era anche di sentimenti antifascisti. Non sappiamo esattamente come, ma probabilmente a Genova si legò a un olandese, Lamberto Keuls, di una decina d’anni più anziano di lui. Di questo Keuls non sappiamo quasi nulla, la professione indicata sui documenti ufficiali è chimico. Comunque a seguito dell’entrata in guerra anche dell’Olanda, che venne invasa dai tedeschi nell’aprile del 1940, Keuls venne internato come suddito nemico in un campo presso Parma, forse anche perchè sospettato di essere una spia francese. Da lì nel marzo 1941 scrisse a Lotario chiedendogli aiuto finanziario, Lotario andò a Parma e gli diede mille lire. Sempre il Keuls avrebbe confermato a un altro internato di essere una spia francese, aggiungendo però di fornire informazioni anche ai tedeschi. Disse anche che Gramegna sarebbe stato un suo informatore.
Nell’agosto seguente Lotario venne arrestato, e deferito al Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, che era stato costituito nel 1928 per giudicare gli antifascisti.
Nel dibattimento, che si tenne nel febbraio del 1942, l’olandese negò di aver mai pronunciato le frasi che si riferivano a Gramegna; riconoscendo per sé di essere stato un agente dei francesi. Per questo motivo venne condannato a venticinque anni di carcere per spionaggio.
Per Lotario Gramegna, il tribunale riconobbe che mancavano prove materiali per provare la sua partecipazione, e tuttavia lo condannò a cinque anni di carcere per procacciamento di informazioni riservate, anche questo naturalmente non provato. Venne inviato nel carcere di San Gimignano dove iniziò a scontare la pena.
Nel 1944 venne liberato, non sappiamo esattamente come e quando, ma dai fatti successivi comprendiamo dev’essere stato ben prima dell’arrivo degli alleati, che in Toscana arrivarono nell’estate del 1944 (la Liberazione di Roma avvenne a inizio giugno, Firenze a fine agosto). Infatti risulta la sua partecipazione alla Resistenza nelle fila del ventreesima Brigata Garibaldi “Guido Boscaglia”, che operò tra Siena, Volterra e Massa Marittima fin dall’inverno 1943/44. Lotario Gramegna risulta nel servizio sanitario, dopo la sua liberazione dal carcere (questo è quanto risulta dai documenti della Brigata). In seguito avrebbe raccontato che come medico nelle precarie condizioni della macchia una volta dovette procedere ad una amputazione, un’altra volta togliere un’appendice. Partecipò direttamente a combattimenti, infatti venne ferito il 25 luglio 1944 vicino a Gerfalco, paese vicino a Massa Marittima, in provincia di Grosseto in uno scontro tra la sua brigata e un reparto tedesco. Cinque partigiani caddero, altrettanti vennero feriti, tra questi appunto Lotario. Furono, per la Toscana meridionale, gli ultimi bagliori di guerra, Grosseto era stata liberata il 15 giugno, Massa Marittima dieci giorni dopo. Presto gli Alleati sarebbero arrivati all’Arno.
Nell’aprile 1945 si sposò a Grosseto con una ragazza del posto, tornò in Liguria dopo la Liberazione e si stabilì a Rapallo, mentre la madre e il fratello restarono a Genova. Dopo qualche tempo anche la sorella Hedwig e il marito belga si stabilirono a Genova.
Nel 1949 la Corte d’Appello di Genova lo prosciolse definitivamente dall’accusa con la quale era stato condannato dal Tribunale Speciale per non aver commesso il fatto.