Probabilmente non servono molti sforzi per migliorare con buona resa la qualità percepita di una città. Ma per farlo occorre muoversi a piedi, su e giù lungo le sue vie. Solo così è possibile sentire se la città accompagna la naturalezza del movimento o se ne intralcia il passo; se trasmette buone sensazioni o fastidiose dissonanze; se parla o stride; se respira o se annaspa; se coccola o se morde.
La città ideale non esiste se non nel genio di Leonardo. Nella realtà sforzi in questo senso se ne possono fare molti.
Prendiamo ad esempio le strisce pedonali. Provate ad attraversare quelle dalla davanti alla farmacia Sant’Anna. Guardate il volto di chi è alla guida, guardate la sua espressione quando vi vede all’ultimo istante perché siete coperti alla vista. Provate di sera, nel buio (poco illuminato) e quella traversata diventa scommessa: per fortuna il traffico ingolfato vi aiuterà nell’impresa, anche se qualche incidente c’è già stato, l’ultimo (che ci risulta) giovedì scorso (guarda caso era sera e pioveva).
Ora, salite verso l’autostrada e provate ad attraversare la strada prima del ponte vicino a Poletti. Qui le velocità dei mezzi che arrivano in città aumentano, come il brivido. Superato il primo tratto, provate ad andare verso la zona dell’asilo e della scuola. Ma fate bene attenzione alla corsia di chi svolta per l’ospedale. Qui non solo non ci sono luci, qui non c’è neppure segnaletica che allerta gli automobilisti, tanto più che il passaggio pedonale fino all’ultimo è nascosto alla vista perché al culmine della salita. Anzi, le due corsie intubano i flussi, complice la segnaletica orizzontale invitano senza apparenti intoppi a guadagnare rapidamente il casello o via San Pietro.
Sono solo degli esempi, ma emblematici nel tessuto di una città che nei processi decisionali pubblici della Rapallo del dopoguerra ha sempre considerato il pedone (pedone senza aggettivi, in quanto tale, non il pedone turista o il pedone che fa shopping) come anello debole. Dalle vie senza marciapiedi nate negli anni del boom edilizio alla trascuratezza verso le più elementari attenzioni, il riguardo verso le sue minime necessità è sempre stato un pensiero sostanzialmente subalterno.
Dunque, è giunto il momento di cambiare prospettiva. Perché la città vive e prospera a piedi, a piedi si forma il giudizio sulla sua qualità urbana. Garantire una qualità accettabile per chi vive la città a piedi non è soltanto un obiettivo ordinario di buona amministrazione, in una città che si dice turistica, la qualità del vivere a piedi è condizione essenziale per una buona accoglienza.